giovedì 7 giugno 2012

Gentile Sig. Terremoto (Carlo Lucarelli)


"Gentile Sig. Terremoto,
c’è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto.
                   
Per chiamarci non basta una parola sola: Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perché siamo tante cose, tutte insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e una estate tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’Italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo. Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che lavora a Modena, dorme a Bologna, e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa da ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha deciso di rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose. Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello.
E si fa per avere certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo.
In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei tortellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in emilia romagna; ecco la gente lo studia quello che mangia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. Se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose li, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno. A Volte ci riusciamo a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre. Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta.

Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra l’amo e come mi ha detto un infermiere di Mirandola qualche giorno fa… questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai."
Carlo Lucarelli

1 commento:

Franco Fanizzi ha detto...

Veramente questa lettera pensavo fosse stata scritta da un tale Marco Barbieri da S. Giovanni in Persiceto. Bah... Adesso la vedo recitata da Carlo Luccarelli, avevo risposto, pensando ai poveri lavoratori sepolti dalle macerie mentre erano al lavoro, per fare grande questa nostra regione. Pensavo anche a tutte quelle persone straniere che sono venute qui per realizzare un sogno di benessere e di felicità e che adesso si ritrovano accampate come quando erano nel deserto in attesa di partire per la traversata. Comunque, chiunque l'abbia scritta, la risposta è diretta non a chi il terremoto lo ha subito, ma a coloro che non hanno fatto il proprio dovere fino in fondo. Il terremoto è come la nostra esistenza, può essere serena quando tutto va secondo i nostri piani e i nostri progetti si realizzano, ma ci sono le scosse improvvise che li demoliscono in un istante: può succedere! Basta solo sapere che può succedere. Ecco la risposta:
Gentile sig. Barbieri (ma ora anche sig. Luccarelli),
la ringrazio per avermi reso edotto di tutto quello che siete, mi dispiace veramente tantissimo provocare tutto quello che state subendo, devo però dirle che non è colpa mia.
Io esisto da quando esiste questo pianeta, anche prima della vostra comparsa sulla terra. A me si attribuisce ogni sorta di disastro, mi hanno addirittura dato, qualche volta, la responsabilità della scomparsa dei grandi rettili (come se quella scomparsa non fosse poi stata un vantaggio per tutti gli altri esseri viventi venuti dopo)…
Vorrei però farla riflettere: pensa che la vostra bellissima terra sarebbe esistita senza il mio paziente intervento? Ecco, rifletta solo su questo.
A volte penso che questa mia grande energia, per fare in modo che un disegno prefigurato da tutto l'insieme dei fattori geologici e astronomici, che io sto, ripeto, pazientemente impiegando perché la vostra madre Africa si avvicini sempre più al vostro continente, sia una sciagura più per gli abitanti che avranno più facilità a spostarsi da voi che per le conseguenze dello stesso spostamento.
Ma io però, non vorrei che si attribuisse me tutta la colpa delle tragedie che provoco.
Mi piacerebbe che voi imparaste a convivere con me, che non aveste paura della mia potenza, aveste gli strumenti per farlo!
Potreste, per esempio, ascoltare un pò di più quegli uomini che dedicano tutta la loro vita a studiare le montagne che io sposto, mi rendete poi anche più facile il lavoro svuotando senza criterio i bacini di idrocarburi che, in millenni di sedimenti di materie organiche (e quindi anche di grandi rettili), hanno creato bolle che ammortizzerebbero in maniera consistente tutto il lavoro che io devo fare. Costruite le case e i capannoni industriali senza minimamente considerare la mia esistenza, addirittura non molti mesi fa, pur avendo io avuto l'accortezza di scaricare una grande energia in mezzo al mare, mi si è data la colpa di aver distrutto una centrale nucleare costruita proprio in riva al mare e tutte le conseguenze di ciò sono state attribuite alla mia cattiveria.
Io non voglio infierire in questo momento di dolore, so che la Val Padana e l'Emilia-Romagna sono un posto in cui il mio lavoro è più complicato, ma gli uomini di cui parlavo prima, pur in maniera non chiarissima, possono spiegare a coloro che costruiscono le case, i ristoranti e le discoteche dove voi vi incontrate e trascorrete il vostro tempo, le fabbriche dove voi costruite le moto più belle del mondo e le industrie medicali prime al mondo, che non sempre l'economia, il risparmio e la concorrenza deve essere il parametro da perseguire per il vostro benessere. Seguite quindi i consigli dei geologi, con loro ho un buon rapporto, è gente di buon senso e non sono neanche tanto costosi quanto i manager o i politici che costruiscono retorica sterile e fanno leggi con il senno di poi.
La saluto Sig. Barbieri / Luccarelli, le auguro che un bel giorno lei potrà riuscire ad inserire anche me in quel trattino che tanto l'è caro.
Il Terremoto
franco.fanizzi@tiscali.it